Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

si costituisce la poesia come scrittura, la scrittura come follia. E perché? Perché nella prosa del mondo la critica non si costituiisce più come critioa, se è vero che è proprio della «ratio» farsi funzione critica. Ma la cri­ tica nella prosa del mondo si costituisce come poesia,. come scrittura, come follia. Come immagini perdute; dice Leopardi nello Zibaldone: come favole antiche. E. in questo senso proprio mi veniva di ripercorrere un po' le immagini che ieri sera Nadia Fusini annodava intorno ad un'interpretazione dell'«Amleto», riportandc sia all'«Orlando» dell'Ariosto sia a un'altra folle. Stavo facendo un lapstl!s: Ariosto-Orlando, proprio ripensando a quello che diceva poco fa Spinella. E cioè questi tre folli: l'«Orlando», il «Don Chis'Ciotte» e l'«Amleto», in misura e articolazioni differenti dicono il costituirsi in figure di una scrittura in quanto unica possibile critica perché follia, critica del moderno. In questo senso l'Ariosto fa dell'ascolto della corte·, quindi della raccolta dei materiali narrativi (il �aina: ha raccolto le fonti in chiave positivistica, ma il pro­ blema appunto non era delle fonti, ma di come il ma­ teriale non diventava fonte, eria sottratto al suo essere fonte, diventava ricerca di immagini perdute e trasmu­ tazione in racconto, in critica) uno sguardo sul potere� è l'unico sguardo posisibile in una istituzione come la corte. E l'unico sguardo possibile sul potere è quello che, in qualche modo, appanna le figure che nella corte nascondono il potere, o ohe addirittura le attraversa, proprio perché si pone come Altro, si pone come scrit­ tura, come l'immaginario che viene di1strutto come im­ maginario, viene trasvalutato in qualche maniera in un simbolico. Il «Don Chisciotte» è, per esempio, il «differente >> ohe si muove in un mondo di segni equivalenti, in un universo in cui tutti i segni si scambiano. Don Chisciot- 134

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