Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

è migliore di colui che non inganna, e colui che viene ingan­ nato è più abile di colui che non viene ingannato 6 • Nonostante le apparenze, è contro la 'stupidità ' di una follia che sia davvero assenza di opera, che quindi neppure possa essere ingannata e in qualche modo gio­ cata, che si muove l'ipostasi della follia in letteratura. Restano in ombra testi che dicono di follia senza dir di farla parlare programmaticamente, o senza an­ nunciarla biograficamente nell'extratestuale. Così, lo stra­ ordinario « Bartleby » di Melville, Bartleby lo scrivano, che scrive sì ma è solo copista infatti, Bartleby l'ex­ addetto al settore 'lettere morte ' delle poste di New York. Il 'messaggio di verità ' non arriva e non c'è. E' la verità del silenzio, del 'preferire di no ' che non fa male a nessuno, della pura passività che pure diventa oggetto di reazioni stranissime. La calma di Bartleby, la calma con cui dice di no, suscita il furore intorno (come, nella ripetizione, lo scherzo innocuo del folle, e ogni tipo di ostinazione, e chi prende per un braccio cominciando a narrarci ancora e sempre la propria storia­ mito); èl innocuo Bartleby, ma deve essere rinchiuso, co­ me un fastidio di testa da a f fidare alle pillole. (Continua però a ripetere, Bartleby, che quanto a gusti e pretese lui 'non è difficile '). E, anche se Freud (né Lacan col decisivo 'Discorso sulla causalità psi­ chica ') non si è qui nominato (né la stupenda ideologia - veritiera quindi - della follia in Blanchot che amo troppo), concludo. Che, oltre a là scrittura tragica del folle o la mitologia del witz negativo, si a1ìfronti allora il non scrivere, il non parlare della follia dietro l'ossessione del chiacchiericcio. Cercare, se proprio si vuole, ancor prima di Kaspar Hauser e molto prima del 'criminale' la 'sovversione '. Nei cr,etini che non parlano, in quelli che non vogliono dire le cose o non sanno dirle o scri­ verle, in quelli di cui si dice che non possono farlo; 117

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