Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

(Ho l'impressione, da dire tra parentesi, che per Foucault si tratti di una Storia pur sempre ben orga­ nizzata almeno nella scrittura, una Storia in cui il con­ cetto di rottura èl divenuto il garante di una continuità ora davvero 'sicura ' e cui nulla sfugge; rotture come ' ,gradini ' con cui è facile percorrere i saliscendi, trac­ ciare il percorso evitando le insidie nascoste in pareti altrimenti liscie e senza appigli. Per Derrida, la Filosofia come totalità da salvaguardare e da ribadire in Cartesio a tutti i costi, anche se avesse un suo doppio nella.i follia. Per entrambi, in fondo, un'immediata e tradizionale sa­ cralità della follia, una sua assolutezza supposta mito­ logicamente; così che Derrida nega che Cartesio scriva della follia scrivendone, perché sarebbe un passo troppo banale e triviale quello dedicatole; e Foucault scrive che 'proprio q1Jesto iè il punto decisivo in cui Descartes si separa da tutti coloro rper i quali la follia può essere, in un modo o nell'altro, portatrice o rivelatrice di ve­ rità.') Oltre la meticolosa disputa sul testo latino o fran­ cese, quel certo pudore è abbastanza rigorosamente di­ fensivo, copre l'operazione con cui Foucault-Derrida fan scivolare una sovradose di 'coscienza ' su Descartes, in un caso sovrapponendola, nell'altro accentuandone una presenza data per implicita solamente. Nella sua 'ultima parola ' in risposta a Derrida Fou­ cault ha indicato - s'è visto - la difìferenza impor­ tante tra il credere che è della follia e il non credere portato dalle ipotesi iperboliche del dubbio. Ora, il mo­ vimento delle 'Meditazioni ' è quello di stabilire una certezza, sottoponendo al vaglio del dubbio e dell'in­ credulità ogni cosa, per poi procedere da essa alla ' ri­ cerca della verità '. Prendendo per buona l'indicazione dell'io credo del folle (ed è certamente buona e precisa in questo caso, anche se lo stesso Foucault, tra i suoi reperti, citava in precedenza quello di chi si proda- 104

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