Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

Chi parla a chi e da dove? Essere intellettuali ed essere psicoanalisti non è la stessa cosa. E non è nep­ pure la stessa cosa trovarsi in - Francia o in Italia . Non so se per buona o cattiva fortuna mi trovo ad essere insieme intellettuale e psicoanalista e a portare la mia testa bene o male pensante frequentemente in Francia. In questa situazione il mio discorso, come quello del peggior sofista, non può essere che doppio, a meno di riuscire a collocarmi sulla .frontiera, ma è compito per ora troppo arduo che affido a futuri più promet­ tenti sviluppi delle relazioni internazionali. Alle recenti assises dell'EFP sulla passe qualcuno mi domandava durante un pasto se l'italiano, la lingua italiana, si presta a quei giochi di significante che ras­ sicurano lo psicoanalista circa l'esistenza dell'inconscio: (< ma poi in fondo gli italiani ne hanno uno?». Potrei rispondere con un curioso lapsus che sempre a tavola ho avuto occasione di cogliere in questi giorni: a - una battuta sulle streghe, una .fanciulla .fra i commensali osservò che sognava spesso di avere una barchetta, vo­ leva dire bacchetta, magica. Oppure con il morto che nel discorso di un analizzante ha preso il posto del motto, udito da bambino, che indiziò di devianza il suo rapporto... alla lingua {il motto infatti era in un dialetto isolano, ma morta è la lingua un po' effemi­ nata che l'emigrazione al nord gli ha appreso, senza li­ berarlo dall'anatema originario sul sospetto di omo­ sessualità). Posso continuare e illustrare l'aderenza freu­ diana della mia lingua con una frase che mi fa pen­ sare: un trauma non è niente, bel titolo per un lavoro. Ma a Deauville d'altra parte mi pareva di toccare con mano l'effetto di chiusura dell'inconscio che la stes­ sa diffusione delle conoscenze psicoanalitiche può por­ tare con sé, come prevedeva Freud fin dal 1904 (Ueber Psychotherapie). L'insistenza con cui a proposito della passe si faceva ricorso a termini come invenzione, grazia, 6