Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

impegnati faccia a faccia in una lotta che non si sa come possa finire, se con l'annientamento fisico, o, al­ meno, con la sottomissione di uno dei due uomini, o di uno dei due clan. Questa conclusione, possibile d'al­ tronde, suppone che predomini la relazione immagina­ ria, che ha come unico esito la fusione o al contrario, la distruzione, come Lacan l'ha mostrato con lo « stadio dello specchio». E' in questo senso che si può interpre­ tare il danno subito dall'aggredito come « ferita narcisi­ stica»; dimensione non certo assente quando essa scatena un furore clastico contro l'aggressore, fino ad ucciderlo se possibile. Queste soluzioni estreme, però, non sono co­ stanti, anzi relativamente rare. Non ce ne meravigliamo, infatti il vendicatore, come abbiamo visto, si rifà ad una legge e questa legge se non altro afferma che non è possibile fare qualsiasi cosa. Non si giustificherebbe la soppressione fisica dell'altro o del suo clan, se il vendicatore non supponesse che l'altro èl incapace di sottomettersi ad una legge. Ma in questo caso non si tratta più di vendetta, bensì della distruzione di un animale nocivo. Verdier 1 ci dà un'altra spiegazione, quella che ci vie­ ne dagli aborigeni austraìiani. Se la vendetta corsa non finisce con la distruzione di uno dei due clan nemici, è perché occorre pur sempre conservarsi un luogo dove trovare le donne. In effetti la leggenda di Romeo e Giu- - lietta è certamente universale. L'odio può tramutarsi in amore {e il contrario). Lo scontro immaginario include anche, la sfera del desiderio sessuale. Ritorneremo · su questo · punto, cioè, su ciò che avviene quando si tratta di desiderio, quando la ritorsione della vendetta viene rimpiazzata dal ritorno del desiderio, quando, cioè, ap­ pare che ogni desiderio è desiderio dell'altro, contempo­ raneamente desiderio per l'altro e desiderio dell'altro per sé. Non manca dunque un'erotizzazione nell'esercizio del- 31

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