Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

bole o più a portata di mano. Se si comportasse così, l'agg:t'edito agirebbe soltanto in funzione del suo inte­ resse immediato. Ma è proprio questo che egli rifiuta di fare vendicandosi; il che significa che egli ubbidisce almeno ad una legge: non può fare qualsiasi cosa a chiunque. Che la vendetta sia una risposta differenziata, spe­ cifica su qualcuno (o sui suoi beni, o la sua famiglia), dimostra che chi si vendica obbedisce a una legge. Cosa che non prova, però, che l'aggressore ne abbia una. Se si fa fustigare il mare perché c'è stata una tempesta, se il bambino picchia una sedia perché vi ha battuto contro, ciò non prova che esista Nettuno, né che la sedia · abbia un'anima; ma prova che chi si vendica gliene at­ tribuisce una, e suppone che l'atto di vendicarsi agisca su quest'anima per far sì che non si abbia a ripetere un'altra aggressione. Il danno che chi si vendica ha subito deve dunque essere chiamato�< ingiuria» ,(in-juria): perché egli si sente colpito in ciò che reputa essere il suo diritto, le leggi alle quali obbedisce. Così può scattare la molla della vendetta, senza peraltro che alcun danno materiale sia stato subito, ma solo a causa di un'ingiuria allo stato puro, riferita alla propria persona, dignità, filiazione, parenti, dei, e ai valori a cui egli si rifà. E così l'ingiuria non rigua:t'da solo l'individuo, ma anche la sua famiglia, la tribù, il clan, la gens... la vendetta corsa deriva in linea diretta dalla vendetta. L'atto di vendicarsi, se è un modo per un uomo di affermare che egli si appella ad un diritto, ad una legge, costituisce a sua volta un danno che per l'altro è un'in­ giuria ai suoi diritti e alla sua legge. Dunque, soltanto quando l'altro risponde alla vendetta con la vendetta, si afferma almeno questo: che i due nemici hanno cia­ scuno una legge e intendono farla rispettare. E così si formano due nemici, o due clan nemici, 30

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