Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

di realtà per volontà di adattarvisi non èi che un aspet- 1to - pago del petit bonheur di un equilibrio, o omeosta­ si, senza scosse. Ben lungi dal fare l'apologia del godi­ mento, nel senso di una franosa rivoluzione sessuale, Lacan mostra come la società capitalistica lo costringa alla marginalità di un plus-de-jouir omologo alla nozione di plusvalore in quanto estratto a forza dall'impera­ tivo del Superio che non detta oggi tanto: reprimiti, quanto: godi. E' stupefacente che nessuno dei criti­ ci di Lacan abbia rilevato questa valenza critica del suo discorso: la distinzione di un godimento fallico, limitato all'organo sessuale e riportato al godimento ma­ sturbatorio dell'idiota, e di un godimento dell'Altro che è lo stesso godimento del corpo dell'altro che si ottiene nello sfruttamento del lavoro come nei luoghi della re- clusione e della malattia. Non credo che Lacan abbia bisogno di avvocati. Quel­ lo che mi interessa è tentare di ristabilire, in un di­ battito che vedo inceppato dalla confusione che si fa tra il pensiero di Lacan e gli equivoci del lacanismo nostrano, le condizioni dì un godimento di parola ca­ pace di intaccare le idiosincrasie di interlocutori alme­ no potenziali. Le posizioni espresse intorno al fenomeno lacaniano da G. Jervis e da F. Rella sul numero 60-61 dei Quaderni Piacentini mi sembrano infatti non tanto da confutare quanto da discutere. L'intervento di Jervis (Il mito del­ l'antipsichiatria) si colloca nell'ambito di una « critica alla psicoanalisi» che sulla scorta di opere come Lo psicanalismo di R. Castel (Einaudi 1975) ne denuncia, diciamo, le compromissioni borghesi. Quello di Rella (Nel nome di Freud. Il mito dell'Altro) si inserisce invece nel progetto di elabomzione di una « critica freudiana» che della psicoanalisi rifiuta l'esperienza clinica, ma in­ tende valorizzarne il potenziale critico contenuto nel te­ sto freudiano e usufruibile come critica dell'ìdeologia. 21

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