Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978
glusksmanniano - di ordinare il mondo secondo il pro prio sogno di razionalità, ma solo nella ironica e limi tata dimensione di un 'piccolo sogno ' privato carpito da altri nelle frasi del delirio...). Non si è parlato finora della critica al marxismo, mostrato come la più perfetta e temibile delle figure del progresso. E non è luogo per farlo, come sarebbe assurdo seguire le diverse posizioni da tifoso che Lévy assume passando da una gradinata all'altra del suo cam pionato filosofico-metafisico. Appare infatti troppo chia ro lasciato il buco enorme da cui (nel discorso) tutto può entrare ma anche uscire; occultato nella metafora del Mondo-Padrone, il problema del Gulag è il problema (dell'esistenza) di Dio. Problema per l'appunto eccel lentemente filosofico e 'ontologico ', esso viene a stento sfiorato - e 'negato ' al solito (« so bene che Dio è morto dopo Nietzsche: ma credo alle virtù di uno spi ritualismo ateo... ») - da un procedimento che, si è visto, abbandona preoccupazioni gnoseologiche per una politica provvisoria: senza mai abbandonare (nonostante apparenze) una storia e una tradizione che lo garantisca, senza mai entrare nella stanza (o uscire nella via) che accoglie lo sforzo di verità di Cartesio di Wittgenstein di Freud..., e accontentandosi di una ' comprensione ' soddisfatta (e pur addolorata) dei meccanismi del Mon do-Potere. Dio viene lasciato fuori gioco; il testo ne parla con le sue metafore globali, e però restando inferiore alla puntualità di un qualsiasi racconto del genere 'scien ziato pazzo-padrone del mondo '. Ogni preteso senso etico è tolto a una riflessione che ignorando il proprio dua lismo alla domanda perché non il Gulag? neppure sapreb be avere il coraggio min!mo di rispondere 'perché pre ferisco di no '. Prima di questi silenzi a proposito dell'occhio (mor tifero 1 5) che potrebbe dare o togliere la propria luce al Gulag, oltre questa assenza, c'è un'eco di massime sapien- 163
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