Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

scorso quotidianamente segue l'oscillare delle sue fasci­ nazioni, o le denegazioni delle sue impossibilità. Proprio all'universo di indeterminazione del Castello mi riferivo in quell'articolo, · a quell'universo allampa­ nato, privato di coerenza spazio-temporale di consisten­ za soggettiva, a quel castello .fuori da sé stesso dove la legge è forse perduta, astratta o illeggibile ma, sovrana su tutto, stringe con la sua categoricità ogni più piccolo gesto, ogni parola; tutto rinvia alla sua assenza. A que­ sta acutizzazione - se vogliamo dire così - della crisi del simbolico, ho avuto la sorpresa di trovare la rispo­ sta già fatta e tutta orientata verso quel buon senso - che qui non si può neppure chiamare « razionalizzazio­ ne» - buon senso normalizzante o che assume respon­ sabilmente la crisi. E il sorprendente è che a · darla, questa risposta, a Beniamino Placido su « La Repubbli­ ca» (10 dic.), sia proprio Massimo Cacciari. Domanda: « cosa dovrebbe fare l'agrimensore K., allora?» Rispo­ sta: « Dovrebbe vivere e operare senza lasciar�i para­ lizzare µall'incombenza del Castello. Sposare Frieda e aprire una bottega di falegname. Chiedersi irrispetto·samente se èJ proprio sicuro che il Castello è proprio il punto di riferimento obbligato per il villaggio; se per caso non è vero il contrario, se non è il villaggio il punto di riferimento del Castello». Ermanno Krumm

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