Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978
questa «semplicità» è posto forse addirittura il pro blema ,se infatti anche i liberati dal marxismo dicono che non solo non vogliono sperare, ma che vogliono finir la con la religione della politica per dichiararsi risoluta mente atei (Sollers). Non è oerto interessante dover rispondere un giorno come ha fatto a Venezia A. London: «le cose non sono andate come speravamo». Ma è un fatto che a livello del discorso politico quotidiano la speranza ricorre fre quente come ricorrono tutte le questioni fondamentali ma travestite dall'aggiustamento lineare e dalla proie zione in rma realtà «par.allela» che ho chiamata più so pra virtuale, cioè riflessa in uno specchio. Da cui l'ef fetto immaginario di quel discorso, la riduzione delle significazioni strutturali della prassi, l'accentuazione ite rata fino all'ossessione del livello «programmatico», e soprattutto dei connotati che si credono necessari alla credibilità di quel «programma». Ne nasce un discorso fortemente semplificato e proiettivo; e ,se si vogliono queste semplificazioni e queste iterazioni proiettive, stru mentali alle aggregazioni e si dirà ohe funzionano, bi sognerebbe dirsi anche che dietro questa costruzione va perduta al reale «densità» del politico e l'intrica zione delle for:zJe, e questo per privilegiare una lettura diciamo ideologica-rassicurante. Ma visto che queste cre dibilità - maturità, forza, fermezza, impegno, respon sabilità ecc. - dovrebbero rassicurare, pensiamo che non rassicurino poi nessuno perché viene loro sottratta quella valutazione sola che potrebbe essere convincente, diciamo la causalità politica, le strettoie necessitanti da cui deve passare la prassi. Ora non che in un giornale come «l'Unità» non passi nulla di ciò, ma passa qua e là a piccole dosi e fuori facciata, dove invece del reale compare solo un'eco tradotta nella costruzione del «di scorso politico». Se ceroassimo una topologia del discorso politico ci 144
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy