Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

sfumare, come vorrei, il discorso e di sofìfermarmi sulla funzione positiva che residui anacronistici come la per­ sisterraa di una «questione democristiana» ,e di aggres­ sive posizioni di destra esercitano sulla riflessione, nel senso di impedire che un disinvestimento libidinale del «politico» approdi all'angelismo dei «nouveaux philo­ sophes» . Il «disincanto» weberiano dalle seduzioni del- 1'«engagement» non porta qui all'euforia dei nuovi chie­ rici, ma dispone a fare i conti con l'impossibilità di «maitriser dans son ensemble la loi du discours». iJ:n­ somma è vero che «si le roi d'Angleterre - o, perché no, di Francia - est un con, alors tout est permis . », ma se la repubblica va in pezzi, minore èl il rischio di perdere la testa (ofr. Lacan, Le Seiminaire, livre II, Le Moi, Seui! 1978). Ricorderò soltanto di Giovanni Jervis la coraggiosa autocritica dell'antipsichiatria, che sfata un mito princi­ pale del radicalismo di sinistra, e di Pietro Ingrao l'ana­ lisi dei meccanismi corporativi dello Stato assistenziale, che denuncia i rischi di cattiva razionalizzazione ai quali è esposta la politica di compromesso storico. La stessa incertezza ,e contradditorietà della situazione politioa ed economica, ·riporta in primo piano questioni epistemologiche e di metodo: favorisce, oserei dire, il ritorno della questione della scienza come ritorno in essa della questione della verità come causa. Ed è in questa congiuntura che risiede, a mio avviso, !'occasi� ne di un «secondo tempo » delle fortune di Lacan in Italia. Sembrano infatti tramontare i tempi di una rigida contrapposizione tra scienza e filosofia, tra verità assio­ matiche e assunti congetturali. Tutta una nuova atten­ zione viene portata in .recenti ricerche di storia della scienza ed epistemologia ai presupposti non dimostrativi che collegano l'impresa scientifica a variabili temporali e all'inclinazione di «equazioni personali». In tale prospettiva, mi sembra che l'inciden:m della 13