Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

nella pratica analitica e alla trasformazione del discours de l'analyste in metalinguaggio. Sono queste, acting-out e metalinguaggio, le costri­ zioni del lacanismo in Italia, per le quali si potrebbe forse invocare lo stato di necessità di una sorta di anal­ fabetismo psicoanalitico dovuto al « mito solare» dello storicismo crociano, alla torva filosofia razzista e tor­ tionnaire di un Padr,e Gemelli e al peso del volontarismo coscienzialistico di un certo Gramsci {dato anche l'iso­ lamento in cui è rimasta la corrente triestina, di ascen­ denza viennese, dell'influenza freudiana che collega un pioniere come Weiss a un poeta come Saba e a uno psicoanalista come Cesare Musatti, attento curatore del­ le Opere di Freud) . Tale analfabetismo non può risultare tuttavia che esaltato da un atteggiamento che evita tutti i problemi della « traduzione» per isolarsi nello splendore del Vero al quale non possono non appuntarsi -le accuse di onto­ logia e autrification de l'Un. Che dire infatti quando ça parle è reso religiosamente con un·« c'è chi parla», dove non ci vuol niente perché il Chi prenda la maiuscola della trascendenza e assicuri la coesione di una riottosa comunità, o con un « il di­ scorso parla» (si intende « il discorso occidentale») onde si dota una confusa « area dell'autonomia» del­ l'arma spuntata del « dissenso dell'inconscio» (come dire: caro Lacan, se il tuo inconscio è nero, il mio è più nero del tuo). Appunto ,ancora: -la Chiesa e l'Esercito. Non è dalla Francia è dall'estero che parlo in questo momento, e da questo altrove in cui si decide, a mio avviso, qualcosa della passe della riforma lacaniana del­ la psicoanalisi, o del ·« lacanismo» in senso forte, sono altre le questioni che, in una seconda fase attualmente in corso, appaiono determinanti. Questioni che si rial­ lacciano all'istanza, sempre ribadita da Laoan, di una 11

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