Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

biglietto. Charles vi ha annotato: Chissà se si trovano ancora quei buoni biscotti di Bruxelles). Non ha niente del malato, dell'egoismo del malato. Voglio dire ohe non pretende troppo né da me né dagli altri. Solo che è veramente malato: e allora sono io a pretendere molto da me. Non conoscevo questa mia vocazione di infer­ miera. Quando Charles era in pieno possesso di sè, ho conosciuto giorni felioi. Andavo a trovarlo, stavo con lm quando era possibile, e poi uscivo per le strade. La mia felicità: la gente, le botteghe, tutto era bello. Penso al mare di Formia, quando uscivo sola a passeggiare . Op­ pure la mattina che P1erre ed io avevamo camminato lungo il porto. Parlavamo di Cha:riles, sempre di Char- 1es. E come non parlare di lui? Non siamo rimasti che io e P:ierre, nessun altro. Ma credo ohe se andhe qual­ ouno volesse vederlo, o semplicemente faoesse un passo per sapere qualdhe cosa di lui, Cha:riles non vorrebbe. Non ha più niente in comune con gli al,tri, è altrove col pensiero. A momenti, credo che egli abbia trovato solo ora tutta intera la sua libertà ,e che la conosca solo ora perché, prima di questi fatti, prima de1la malattia, prima delle cose accdute a Namur, Oharles era di tutti e di nessuno. ,Penso che egli abbia sempre sentito un grande disprezzo per i diseurs de riens. Sempre, non soltanto ora ohe non li vuole vedere. Scrittura di Nicolas. La lettera di Lisaveta finisce a questo punto. Riprnnde come segue. E ora ho per­ so il filo e non so se, riuscirò a continuar,e i!l di: scorso così come lo avevo cominciato e portato i:nnanzi. Volevo arrivare a una conclusione: che anche, io come Char­ les, non desidero più uscire da questa camera. Mi sono abituata a questo silenzio, a questa v1ta regolata, alla monaca che entra ora con il calmante ora con le dita intrecciate e dà un'occJhiata a Cha:riles. Si avvicina a me, chiede se ho bisogno di lei, mi so:rride ed esce . 108

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