Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

11 qui co' begli occhi mi trafisse il core; L'opposizione continuata, a livello sintattico e proso­ dico, con l'intarsio eccezionalmente efficace delle diverse categorie grammaticali (aggettivo: humile, altera, aspra, piana, dispietata etc.; verbo all'infinito che regge un sostantivo: vestirsi honestate; verbo al passato remoto: cantò, s'assise, si rivolse; fino alla formula che conso­ lida in un unico sintagma, coincidente con l'endecasil­ labo, verbo sostantivo aggettivo: qui co' begli occhi mi trafisse il core); tale opposizione, dico, a un certo pun­ to lavora già oltre la rappresentazione di qualità, stati, umori. Insomma, non vi si enuncia tanto la bella donna oggetto del desiderio secondo biografia, quanto i modi espressivi del desiderio per i quali l'oggetto sussiste nel discorso. Con il CXXXIV la costruzione dicotomica ra­ dicalizzata rende ancora più evidente la funzione. Da che luogo viene predicata la serie dei «temo», «spero», «ardo», «volo», «giaccio», «grido», «chieggio aita»? dal luogo dell'esistenza o della verità, sia pure la verità del discorso? La linguistica offre qui la categoria dei verbi «delocutivi», istituita da Benveniste 7, ossia di quei verbi derivati da locuzioni, il cui tratto connota­ tivo è il trovarsi in rapporto di «dire» con la base nominale e non in rapporto di «fare» {il latino salvere non significa apportare la salute a qualcuno ma dire a qualcuno l'augurio: salute!). Sulla via degli spostamen­ ti, la poesie d'amore potrebbe qualificarsi nell'insieme come delocutiva, in quanto non allineerebbe facta ma dieta, pronuncerebbe «locuzioni di discorso». Così, per tornare all'ultimo testo, ad esempio, «temo», «spero _ » non propongono l'atto o lo stato dello sperare e del temere ma quello di proferire: io temo, io spero. Il «lavoro del discorso amoroso» secondo questa angola­ zione è raffigurato nelle due terzine del CLV: 89

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