Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

e «tu», senza venire distrutta; · non ha «nessuna collo­ cazione scientifica»; non rileva né dalla linguistica né dalla semiologia; etc. Ma «io-ti-amo» è altresì lo scher­ mo di un altro segno: «io-ti-desidero» che va al cuore dell'oggetto sbarrato, il fallo. Se, come sostiene Lacan, «il n'y a pas de rapport sexuel» e «ce qui supplée au rapport sexuel, c'est précisément l'amour» 5 , allora «quand on aime, il ne s'agit pas de sexe». In questi ambiti si muove e si definisce, nei suoi caratteri fonda­ mentali, il discorso amoroso. Il quale sarebbe, in defi­ nitiva, ciò che si può dire rispetto a un resto precluso a ogni discorso. Forse vale la pena di indicare, nel sonetto «A cia­ scun'alma», la particolare irrilevanza delle persone (sog­ getto dell'enunciato, oggetto o destinatario di esso) quale si manifesta attraverso i rivelatori gr�mmaticali. In tutti i quattordici versi il locutore non viene indicato se non mediante quattro casi obliqui del pronome di prima persona (3, mi; 7, m'; 8, mi; 9, mi) e un agget­ tivo possessivo (10, meo) e almeno in tre casi questa apparizione del soggetto risulta praticamente assorbita, per non dire cancellata, dal verbo che l'accompagna (mi rescrivan; m'apparve; mi sembrava). A sua volta il de­ stinatario, o meglio i destinatari dell'elocuzione, che appaiono così largamente individuati nel verso d'aper­ tura (A ciascun'alma presa e gentil core), riassunti poi unicamente in un «lor» al_ quarto verso, costituiscono, a mio parere, nella reale economia del sonetto una spe­ cie di falso scopo. Il sintagma non tanto designa un interlocutore distinto dal parlante o scrivente, istituen­ do la coppia io-tu, io-voi, definibile anche rispetto a un enunciato, a una situazione psicologica, esistenziale, ma ha per effetto di far ripiegare il discorso amoroso su se stesso: è nel circuito chiuso del discorso, dove diventano indistinguibili «io», «l'alma presa», «il gen­ til core», che ogni posizione di grammatica e di vita 85