Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

12 Poi la svegliava, e d'esto core ardendo 13 lei paventosa umilmente pascea: 14 appresso gir lo ne vedea piangendo. Si metta subito da parte, per quanto interessa qui, ogni considerazione sul costume letterario degli scambi poetici fra autori, delle « tenzoni» a colpi di sonetti (compresa la replica di colui che Dante chiama « primo de li miei amici»). « A ciascun'alma» è, di là dall'appa­ renza, altro che un'elegante, accademica convocazione di « fedeli d'Amore» a un esercizio di oniromanzia; o un anticipatissimo consulto d'analisi (anche se si ver­ rebbe tentati in questa direzione). Il sonetto esibisce una forma per dir così interlocutoria: i versi 1-4 intro­ ducono, come sottolinea lo stesso Dante, una formula di saluto e un invito alla decrittazione di quanto si dirà (« domando responsione»); i versi 5-14, con un ritmo successivo di tre scansioni ben nette, costruiscono la visione, il sogno sul cui significato porta la domanda Ma questa visione non pertiene a Dante, come evento psichico individualizzato, come accidente della sua pas­ sione, più che non pertenga a tutti i « fedeli d'Amore» convocati dall'incipit. In filigrana ad essa non si legge nessun « e qui per terra / mi getto, e grido; e fremo». La scena della visione (comparsa d'Amore. donna av­ volta nel drappo, pasto del cuore etc.) emerge non come « vissuto», sia pure allucinatoria-mente, ma come « da scrivere», vale a dire qui sono offerti i significanti del discorso amoroso, ai quali si chiede di connettere, con operazione evidentemente secondaria, certi significati (appartenenti a un certo codice soaio�letterario del­ l'epoca). I quattro gerundi che puntellano la scena (9, tenen­ do; 11, dormendo; 12, ardendo; 14, piangendo) hanno un effetto, ma io direi proprio: una funzione, di arresto anziché di movimento: essi in pratica escludono, con la 83

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