Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

che l'intervallo insormontabile, la discontinuità, il « tra­ due» irriducibile metaforizzato dallo « spazio di un'un­ ghia». E non è forse vero che il sennal, son Desirat, dove vengono a confondersi il firmatario della canzone e il destinatario fuori portata, era il segno privilegiato, capace di riunire, nell'unità fittizia del congedo ternario, la quasi omonimia dell' ongle e dell' oncle, la quasi si­ nonimia della verga e dell'arma e la quasi identità del ,luogo e della sua manifestazione motrice: cambra intra. Ma qual è allora questo paradiso che il poeta spera di raggiungere (IV). Possiamo ancora affermare che si tratta di un paradiso nel senso cristiano? Cos'è questa doppia gioia che tende a confondersi col bien dire della canzone dei doppi? E' la parola stessa che designa il luogo della « dop­ pia gioia», che sembra dare risposta alle nostre do­ mande. Giacché, dopo questa vertigine delle rime, que­ sto paradis assomiglia sempre più al luogo in cui la . tensione delle parole viene a risolversi, quello che no­ mina, alla lettera, la parità del bien dire: para-dis (equi­ valenza fonetica di paradiso e «para-detto» n.d.t.). Posto che la poetica della Sestina ha potuto stimo­ lare il pensiero letterario di Dante, si potrebbe conti­ nuare affermando che essa offre uno dei modelli più compiuti dì ciò che appartiene all'essenza della poesia cortese medievale. Vogliamo dire che la Sestina di Ar­ naut Daniel comprende implicitamente una concezione della letteratura sul cui rapporto con la Commedia ci tocca ora proporre qualche riflessione, restando inteso che ogni punto meriterebbe uno sviluppo sistematico. Il lettore, per poco che gli sia familiare la retorica della fin'Amor dei trovatori, riconoscerà facilmente i luoghi comuni della canzone d'amore: la dama, la came­ ra, il losangier, l'amante ecc. Ma forse non ci siamo fer­ mati abbastanza sulla figura dello zio che appare nella 66

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