Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

do di tenerli coperti con un lenzuolo. Ma allora la sedia diverrebbe non tanto il simbolo di una rinuncia alla vita, un mobile fatto immobile per l'iscrizione in un registro «materno»: te la do se; ma più che mai, essere antropofago divoratore di siamesi, «la sedia dei gatti». Il punto di disgiunzione ritorna così punto di contatto in un destino che lega indissolubilmente i due termini. Ma subito mi accorgo che il punto di contatto si scinde anch'esso in una nuova serie di scelte impossibili. Per­ sino il lasciarla dov'è, la sedia, persa per persa, al suo posto, e lasciarli lì i gatti, non è una scelta né per i gatti, né per la sedia, né per entrambi. Sorge infatti il problema del passaggio tra due stadi. Visto che la sedia c'è, potrei guardarla, tenerla d'occhio, toglierle il gatto. Diciamo che invece di un anno, può conservarsi bene per due, invece che durare cinque anni, può durarne dieci. Ma tra dieci anni, qualsiasi cosa io creda di sce· gliere, se oso ancora formulare questa parola, non avrò più in . ogni caso né la sedia né il gatto. Ritorno allora alle parole sagge di quella madre che ha fatto di quella sedia, se è vero come dice Freud che ci sono sempre due famiglie una reale e una i:i;iventata nella propria infanzia, che ha fatto di quella sedia qual­ cosa come '«l'altra» verginità, solo che non so bene, come del resto Freud per le due famiglie di Mosè, in L'uomo Mosè e il monoteismo, quale delle due è a questo punto determinante. Al contrario del ritratto di Dorian Gray che è in soffitta mentre Dorian gira intatto per le strade, ad essere visibile infatti qui è la mia sedia. Ogni graffio è una ferita alla mia reputazione ma è anche una tentazione. Ed ,ecco che il romanzo si allarga, e al centro di un discorso che si fa amoroso potrebbe esserci ·«cet obscur objet de desir» come Bufiuel ha intitolato il suo ultimo film dal romanzo «La donna e il fantoccio» di Pierre Louys: la verginità della donna. Non dal lato dell'uo- 6