Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

per il suo statuto di verbo che la differenzia dalle cinque restanti, tutte sostantivi. Inoltre, il verbo intrar, « entrare», offre al poeta una molteplicità di significazioni possibili. A partire dall'etimologia latina comune, che dà luogo alle due forme dell'antico provenzale intrar e entrar come all'avverbio e preposizione · entre, si può imma­ ginare un gioco di interferenze tra le rispettive signifi­ cazioni, ossia tra il senso del verbo che marca la pene­ trazione, quello dell'avverbio che esprime il tra-due e della preposizione che indica la distanza nella prossi­ mità. La sestina, come vedremo, ci invita a tener conto di questi scivolamenti semantici. In Dante, il verbo corrispondente intrare subisce una curiosa trasformazione. Inserendo una vocale, Dante for­ gia un notevole neologismo intrear per designare il movimento di compenetrazione che è proprio alla Tri­ nità (Par. XIII,57). Nella scia di quest'idea si inscrive ugualmente il verbo internare con cui Dante esprime al tempo stesso l'interiorizzazione della luce eterna (etterna) e la relazione ternaria della divinità: Nel suo profondo vidi che s'interna legato con amore in un volume Ciò che per l'universo si squaderna. (Par., XXXIII..85-87) Dove s'interna vale « si riunisce in tre e si interio­ rizza», e si nota l'opposizione tra volume e si squaderna. Se si tien conto che volume evoca l'arrotolarsi delle volute e del senso, troviamo in questi versi, sott'altra forma, il modello fondamentale del ritmo con cui si spiegano e si richiudono le sei rime della sestina, ridotte praticamente a tre nella strofa unica del congedo. Queste prime considerazioni ci fanno pensare che se la terzina è la forma metrica che corrisponde meglio al 58

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