Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

m'entra / credo, non fu mai né in corpo né in anima; / dovunque essa sia, fuori sulla piazza o in camera, / il mio cuore non se ne separa dello spazio di un'unghia. VI Perché così prende radice e s'inunghia / il mio cuore in lei come la corteccia nella verga; / perché essa è per me di gioia la torre, il palazzo e la camera, / e non amo tanto fratello o parente o zio: / in paradiso dop­ pia gioia avrà la mia anima / se mai qualcuno per bene amar vi entra. Congedo Arnaut invia la sua canzone d'unghia e di zio, / per il piacere di quella che della sua verga ha l'anima, / sua Desiderata, il cui valore nella camera entra. La fama di Arnaut Daniel è in gran parte dovuta alla messa in scena dell'incontro tra Dante e il poeta provenzale nel canto XXVI del Purgatorio. Qui, vicino al paradiso terrestre, il trovatore, come personaggio esemplare, illustra una dimensione della lin­ gua poetica. Dante fissa con un tratto decisivo la mi­ sura dell'opera d'Arnaut per bocca di Guido Guinizelli che designa il trovatore come « miglior fabbro del par­ lar materno» (v. 117). Nell'episodio, Arnaut si esprime e si nomina in pro­ venzale: « Ieu sui Arnaut » (v. 142). E l'omofonia per­ mette all'autore del poema sacro di far la giunzione tra il nome del fiume della sua città natale, l'Arno, e il nome del trovatore nella sua pronuncia propria (Arno). Questa osmosi tra i due idiomi poetici 1 permette a 54

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