Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

presentava il destino. « You are my destiny » diceva una canzone, ma la regina in « Un re a New York», che appare all'inizio, amata, amore infelice e incompreso del re, non è il suo destino. Appena essa a malincuore, a malincuore finalmente, lascia il marito per ritornare a Parigi, il sorriso mesto di Chaplin si muta nella soddisfazione del tuffo nella vasca da bagno di una favolosa Dawn Addams. E, alla fine della vicenda, un'alzata di spalle è la ri­ sposta a « Ma voi l'avete sempre amata... La Regina vi attende». Attendeva forse, ma altrove: Re e Regina non formano una coppia nella partita a carte, ma solo nelle fantasie di quello che Freud ha chiamato « Il romanzo familiare». E allora si può cominciare a riflettere sulla frase meschina del commentatore: il disagio che provoca è il disagio che l'ha provocata, il disagio di fronte al tema ancora sconvolgente dopo un secolo di Marx e di Freud, del disagio. Un piccolo filosofo? e perché no, la filosofia dei grandi sistemi ha ceduto il passo all'analisi, alla psico­ patologia della vita quotidiana. Un piccolo borghese? certamente. Ma, direi, soprattutto un uomo che non ha saputo trovare l'amore in una sola donna. Ripensiamole un attimo, le donne dei film di Chaplin. Belle, sognate, la cavallerizza di un circo, la grande ballerina di « Luci della ribalta», il romantico primo amore nella Regina, ma tutte in fondo le si possono ritrovare nell'ultima, la prostituta di Hong-Kong che si nasconde sotto il _ nobile titolo di contessa. Forse per questo, Charlot prima e poi Calvera, e Shadow, le ha lasciate tutte, sempre deliziose, e sempre innamorate di un giovane dal viso fatuo, sempre dolcissime, e sempre a Parigi, e, intorno alla loro immagine, la galleria dei loro ri­ tratti, cinque anni dopo, venti anni dopo, pappagalli invecchiati sotto mostruosi cappelli, visi ingordi e grot- 185

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