Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977
Come in quel Barnabas che doveva garantire il con tatto fra K. e il Castello: « certo non era che un mes saggero e ignorava il contenuto delle lettere che gli erano affidate, ma anche il suo sguardo, il suo sorriso, la sua andatura sembravano un messaggio sebbene lui forse ne fosse inconsapevole». Questione per Leclaire, di arti colare la logica del non-rappresentabile in questa lettera, di conoscere l'« altra faccia della verità», di parlare - nell'amore - « la conoscenza del fallo che non si raggiunge che con l'esperienza del godimento». Ma sull'altro versante del fantasma dove un bambino viene picchiato, davanti alla tendenza sadica e maso chista, è marcata una differenza nel discorso dell'amore quando non sia clivato dalla legge ma perso in una impasse soggettiva o in una fuga perversa. Un discorso chiuso in un universo - di indeterminazione come quello in cui si perdono i movimenti del villaggio sottostante il Castello. Nel ribaltamento con cui Frieda restituisce a K. l'interpretazione dei suoi gesti, '.f:on cui Pepi inter preta quelli di Frieda e Olga quelli di Amelia, di K. e di Frieda; in quest'universo allampanato, privato di coe rent� referenze spazio-temporali di consistenza sogget tiva, in questo castello fuori da ,se stesso la .legge è forse perduta o astratta e illeggibile ma sovrana su tutto, stringe con la sua categoricità ogni più piccolo gesto, ogni parola; tutto rinvia alla sua assenza. E' come se in questo universo la lettera nelle mani del messaggero, sia pure inconsapevole, perdesse ogni significazione non solo per lui ma anche per tutti gli altri: il suo sorriso, la sua andatura restano insignifi canti. Così che ogni cosa può essere girata all'infinito se non indifferentemente, in ogni modo con un effetto egualmente sempre vero (Frieda rovescia il discorso di K., Pepi quello di Frieda ecc. Tra l'altro sono tutti di scorsi d'amore) ma anche sospeso, privo di referen zialità. 176
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