Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977
Kojève chiamerà la filosofia dialettica o antropolo gica di Hegel, una filosofia della morte in quanto un essere dialettico o totale può darsi solo se finito e mor tale, per definizione, infatti solo dove c'è negatività c'è dialettica e quindi totalità. Condizione dell'individualità libera e storica, la morte, in quanto coscienza e volontà, fa dell'uomo un essere mediato dalla negazione. « L'animale muore. [Ma la] morte dell'animale [è il] divenire della coscienza [umana] ». « In breve, l'Uomo è la malattia mortale della Na- · tura », commenta Kojève. E la natura è a sua volta per l'uomo peccato, egli può e deve opporlesi e negarla. Con questo passaggio non l'amore ma. la morte è' il fondamento della Storia: l'uomo rassegnandovisi e rive landola con il proprio discorso « perviene infine al Sa pere Assoluto o alla Saggezza, portando così a compi mento la Storia». Consegnando l'amore al desiderio di riconoscimento, Hegel gli presuppone la mediazione del rischio di morte; mentre la natura (come peccato) è confinata in un esterno a cui l'uomo libero e storico è straniero. Ma se l'uomo è la malattia mortale della natura, il bambino è la malattia mortale dell'uomo. Hegel può dire che i genitori contemplano nel divenire del figlio la loro stessa soppressione dialettica. Generando il figlio essi generano la loro proprio morte, essi muoiono in lui. E lo può dire in quanto il movimento della storia (che la filiazione significa) presuppone l'annientamento della particolarità dell'azione individuale (la morte ap punto dell'individuo) mentre ne conserva l'universalità. Ma il passaggio hegeliano alla Storia si illumina sini stramente nel momento in cui l'adulto rovescia sul bam bino la proprio incapacità a tenere la posizione di ri schio che il desiderio comporta. Se riprendiamo il fan tasma un bambino viene ucciso in senso hegeliano ve,. diamo che piuttosto che misurarsi con l'altro per la 174
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