Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

non può più essere analizzata con lo strumento piutto­ sto primitivo dell'« intonazione» (ma proprio tutta la musica del passato, mi chiedo ancora, si adatta a questo tipo di interpretazione?). Certamente la musica conser­ va, finché vuol rimanere strumento di espressione e di comunicazione, una sua forma che è fatta di strutture, di ordinamenti interni, di organizzazione anche - se vogliamo - di un « periodare»: ma, in questo più avan­ zata, più libera del linguaggio, essa determina rinnovan­ dosi realtà che richiedono diversi strumenti anche di valutazione critica ed estetica. E anzi proprio nel suo allontanarsi e differenziarsi da ogni possibilità pseudo­ morfica con il linguaggio essa attesta la sua vera, la sua definitiva autonomia e libertà. Giacomo Manzoni 1 Per citare una singolare analogia con le tesi del Fonagy ricordiamo che il famoso flautista e teorico J. J. Quantz rilevava oltre due secoli or sono ohe i piccoli intervalli « evocano l'effetto di qualcosa di carezzevole, triste, soave, i grandi intervalli di qualcosa di allegro, giocondo, audace». (Questa citazione, e così pure alcuni dati contenuti nella « nota », sono stati ricavati dal­ l'articolo di S. P. Scher, Il concetto di realismo nella musica, in « Nuova rivista musicale italian ) , 1977 n. 2). 168

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