Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

l'articolazione si « indurisce», gli elementi ostruttivi si prolungano i . n uno scoppio di collera. Questa rimotivazione è legata a una regressione strut­ turale e funzionale che riconduce la comunicazione ver­ bale allo stadio della comunicazione gestuale e prelin­ guistica, o persino allo stadio precomunicativo e ludico, che corrisponde nell'ontogenesi al cicaleccio. Il termine espressivo, così frequentemente usato e così poco ana­ lizzato, riassume una evoluzione che si ripartisce su pa­ recchie decine di migliaia di anni. La disposizione espres­ siva delle parole, analizzata con rara sensibilità da Di­ derot (Sur les suurcls et les muets), è, per riprendere le sue parole, una specie di geroglifico, un gesto sintat­ tico. Un suono, un accento espressivo, è una distorsione sapiente che rileva di un « codice naturale», universale, che ignora il segno arbitrario e non conosce che sintomo o simbolo (Fonagy, 1971). Il segnale espressivo rappresenta uno stadio inter­ medio: appartiene al sistema di comunicazione più evo­ luto, la lingua, ma rileva contemporaneamente dello stadio arcaico e autistico dell' acting dove i movimenti corporali servono a ridurre direttamente e immediata­ mente la tensione. Questo segnale è espressivo nelle due accezioni di questo termine: nel suo senso attuale e nel suo senso etimologico, vale a dire in quanto ex - pressione, eliminazione di tutto quello che crea una tensione. Gli elementi prosodici del linguaggio, e soprattutto l'intonazione, si distinguono dagli elementi « segmenta­ li », i fonemi che costituiscono la parola, per una specie di regressione permanente. Il carattere - motivato e gestuale del suono è neutralizzato e invalidato dal­ l'arbitrario del segno. Come per esempio il gesto fallico che costituisce la consonante erettile, l'r « roulé » (api­ cale) è completamente mascherato dal significato delle parole, come bière o migraine, che lo contengono. Gli elementi prosodici del linguaggio, l'intonazione o lo sche- 156

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