Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

poste di rumori (p, t, k, ts, tch, s, eh, ecc.). Sappiamo ugualmente che la voce cantata - dove domina l'ele­ mento vocalico - è più piacevole, ci sembra più « bella » della voce parlata e che le parole che designano l'incan­ tamento contengono in più lingue un'allusione alla voce cantata. Ovvero, per ritornare all'espressione delle emozioni: nell'espressione sonora delle emozioni tenere il quoziente elementi vocalici rumori è sempre più elevato che nell'espressione sonora delle emozioni aggressive. Nella collera, al contrario, si allun­ gano le consonanti sorde e le emozioni tenere allungano le consonanti « dolci» (1, j, m) e soprattutto le vocali (fig. 5, 6). A volte si introduce una vocale per evitare l'incontro di tre o quattro consonanti, si cambiano spesso le consonanti sorde in consonanti sonore, specialmente nelle lingue in cui le differenze (p/b, t/d, ecc.) non sono distintive, come per esempio in certe lingue americane o nel dialetto sassone, dove si può trasformare kleine Knospchen, « piccola gemma», in gleene Gnospichen per esprimere l'emozione tenera e, per contro, in uno scatto di collera, Gauner « briccone» in Kauner (Gabe­ lentz, 1891, p. 362). Uno psicoanalista ungherese, Sigismond Pfeifer (1923), al quale la psicologia della musica deve preziosi contri­ buti, considera il canto come l'emissione e l'eiezione di una sostanza satura di libido narcisistica che ha come scopo di ridurre una tensione sessuale. (Pfeifer cita Dar­ win che vede ugualmente nel canto d'appello degli uc­ celli un mezzo di ridurre la tensione). L'aria fonatoria è considerata come una parte del corpo - sede della libido narcisistica - e la sua eiezione .si fa attraverso 116

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