Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

l'improvvisa salita della pressione sottoglottica e il cam­ biamento caratteristico del timbro della voce. Interpre­ tando (anatomicamente) i suoni prodotti in funzione della loro produzione, si ha l'impressione di percepire diret­ tamente, di rivivere per così dire, lo sforzo articolatorio della persona che parla. Il lettore si domanderà: quale rapporto potrebbe avere tutto questo con la psicoanalisi? L'autore stesso era ben lungi dal sospettare, nel corso delle sue espe­ rienze fonetiche, che avrebbe potuto beneficiare dell'aiuto apportato dalla psicologia del profondo. Questa idea non gli è venuta che riassumendo le discussioni centrate attorno al problema dell'accento d'intensità. Definendo l'accento dinamico come una messa in rilievo dello sforzo espiratorio e articolatorio, si ritorna alla concezione tradizionale, «ingenua» dell'accento, qua­ le appare nelle grammatiche dell'epoca « prelinguistica» p nelle opere dei grandi pionieri della fonetica speri­ mentale (Sweet, Jespersen). Questa è poi stata relegata in secondo piano e sosti­ tuita con delle definizioni acustiche malgrado l'evidenza del fatto che l'accento (in quanto categoria linguistica o percettiva) non corrisponde per niente a una maggiore · intensità o sonorità, al massimo grado melodico, a una durata più lunga, né a una combinazione di queste tre entità acustiche (Fonagy, 1966). L'insufficienza della definizione acustica spiega in parte le conolusioni contraddittorie - secondo certi auto­ ri sono soprattutto l'intensità o la sonorità (intensità per­ cepita) che caratterizzano l'accento « d'intensità» ,�Lazi­ czius, 1944; Zwiner, 1936), secondo altri l'intensità non svolge alcun ruolo nella percezione della sillaba accen­ tuata (Delattre, 193.S: Mol e Uhlenbeck, 1956) - e que­ sto stesso �rrore ha potuto creare l'impressione della grande complessità e del carattere « sfuggente» dell'ac­ cento dinamico: «C'est un phénomène complexe, que 101

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