Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

portata da quelle forme oppositive (l'opposizione non è altro che una scarica di desiderio) precipita. Il sistema dbbedisce in apparenza al principio di accogliere an­ ziché respingere, ossia a una libertà (o permissività) anziché a una repressione. Ma, come osserva Marcuse, «fintanto che la maggior libertà comporta una contra­ zione piuttosto che un'estensione e uno sviluppo dei bi­ sogni istintuali, essa opera a favore anziché contro lo status quo di generale repressione» 3 • E' pertanto un effetto politico nel senso più ampio del termine, un effetto di rafforzamento che la normalizzazione rag­ giunge in questo modo. L'accettazione sollecita, direi perfino ingorda, che la cultura istituzionalizzata («nor­ male») fa dei linguaggi, delle strutture, delle tematiche definibili all'ingrosso «rivoluzionarie», si presenta in realtà come uno strumento di stabilizzazione sociale e di conformismo di cui sarebbe imprudente sottovalutare la portata a media e soprattutto a lunga scadenza 4. La normalizzazione si costituisce dunque come un sintomo; proprio nella terminologia psicoanalitica. L'inseguimen­ to della «norma» è il segno attraverso il quale parla il corpo statuale, continuamente mascherato, quel corpo che desidera ma finge di non desiderare e così «breads pestilence». Non sarà senza significato anche il carat­ tere sfumato con cui la normalizzazione tende ad agire oggi. L'essersi impadronita di tutta una serie di «vio­ lazioni» formali di partenza, per farne altrettanti isti­ tuti (all'arrivo, ossia alla pratica della moda) è già com­ portamento intelligente e dunque funzionale. Tuttavia direi, sulla base di un'esperienza quotidiana verificabile, /che il mezzo più raffinato e tecnicamente penetrante che la normalizzazione usa riguarda il senso. Il. La produzione di senso non è operazione semplice né innocua: essa non implica un riconoscimento (cioè un arresto) ma un movimento. « ,La signification n'est 79

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