Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977
non conosca più l'estensione complessa, discorsiva, del la prosa.) Parlare fuori dalla lingua, parlare dal luogo del dialetto, significa parlare dal luogo del marginale, del fuori-storia, ma non nel senso che lì - nel margine, nel fuori-storia - si dia la possibilità alternativa e oppositiva alla Storia, quella possibilità che, in altre epoche (come abbiamo detto), era conferita all'espres sione dialettale. Se la massa del reale, nella sua quasi totalità, (ci) appare ormai dentro la lingua - lingua del politico, dell'economico, del giuridico, del rapporto di produzione, ecc. - situarsi fuori dalla lingua equivale a situarsi fuori dal grande processo linguistico-conosci tivo che ha portato il reale a configurarsi come realtà. Parlare dal dialetto, dal margine fuori-storia del dia letto, significa dunque parlare non la realtà, ma la fuga dalla realtà; significa non tanto rinnovare linguistica mente (politicamente) il mondo, quanto ribadire i luoghi risaputi della sua immobilità - secolare o millenaria (i luoghi del « colore » e del « folklore »); significa scam biare l'espressione idiomatica della parlata dialettale per un'innovazione espressiva o conoscitiva; ecc. Di tutto questo dànno infatti testimonianza la mag gior parte delle opere in dialetto - che sono soprat tutto, ripetiamo, opere in versi -, le quali perciò non possono che inscriversi nell'ambito della letteratura minore: e cioè di una letteratura della regressione e non dell'eversione, della ripetizione e non dell'invenzione, dello stereotipo e non della conoscenza. L'uso del dia letto comporta quindi, almeno, la consapevolezza sto rica di tutti questi problemi; primo fra tutti, il problema della sua marginalità, inattualità espressiva. Servirsi del dialetto, servirsene, cioè, all'interno di questa somma di fattori negativi, significherà allora saperlo assumere cri ticamente: vale a dire in una prospettiva suscettibile di rovesciare il negativo in una forma possibile di po sitività. 59
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