Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

dalla brama dell'immaginario, che ha reso desiderio del possibile in quanto rinuncia dell'impossibile. Il luogo di questa iniziazione al sociale, come accesso del bam­ bino al potere, al sapere, alla sessualità, è l'istituzione nei suoi aspetti sacrali 26 , nel suo rappresentare la di­ mensione simbolica. In essa si compie il rito iniziatico della castrazione, come codificazione delle pulsioni non edipizzate, in essa si sostiene lo scontro mortale con i fantasmi dell'imma­ ginario per accedere, infine, alla «. morte del padre», cioè alla successione, alle successioni, come . possibilità di permanenza, -di immortalità. La trasmissione delle generazioni ma anche del potere e della cultura èl la « grande illusione » che istituzionalizza il desiderio, pro­ iettandolo ben più in là della limitatezza del bisogno e della contingenza del vissuto individuale, che lo fa de­ siderio dell'Altro, desiderio umano. Nel viaggio inizia­ tico dalla casa alla città, attraverso il bosco, si gioca una sfida totale: ove lo smarrimento è sempre possi­ bile, il riconoscimento, invece, sospeso alla parola de] padre, alla sua capacità di accogliere il figlio, di rico­ noscerlo erede, di riconoscersi mortale. La riflessione è scivolata però molto lontano dal punto di partenza. La pratica dell'ascolto, schiudendo una successione di quinte, ha evocato un altro spazio, animato dalla pre­ senza del bambino, scandito dalla trama di desideri e di voti che accompagnano la sua storia. L'istanza psico­ analitica ha finito coll'introdurre una dimensione terza, obliqua rispetto alla bipolarità dell'interlocuzione me­ dica. Su questo sfondo sembra emergere, a tratti, la soggettività del bambino: proprio a partire dalla parola familiare che tende a sostituirlo e negarlo a favore della sua figura immaginaria, simulacro che l'istituzione ospe­ daliera recepisce, organizza e restituisce in forme le­ galizzate. 54

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