Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

terviene, determinante, il desiderio di una presa senza residui: che dispieghi alla comprensione la malattia, che la traduca in termini di bisogno che il rimedio appa­ ga, di scarti funzionali che la riabilitazione colma. Ma l'ascolto dello psicologo, apparentemente svagato, disinteressato al « dato clinico», insiste là dove lo sguar­ do medico non giunge: nei comportamenti apparente­ mente casuali, nei dinieghi, nel pianto, nel silenzio del bambino 4. La sua opera di l'ecupero si volge essenzial­ mente agli « scarti di lavorazione», a ciò che nessuna cartella clinka contempla: Valentino ha cacato in mezzo alla corsia, Nadia ha morsicato una infermiera, Carlo è indifferente all'arrivo dei genitori. ,L'eccentricità dell'ascolto psicologico, rispetto allo sguardo medico, è funzionale al1a impostazione di un rapporto diverso e, soprattutto, al reperimento di un soggetto che un si­ stema di segni tende costantemente a soppiantare. Nello spazio medico, infatti, si organizza l'oggettività della malattia a partire dai valori del segno, espropriandone il soggetto. Il sistema di segni che traduce il sintomo ha come refel'ente la malattia, non il malato, come sup­ porto materiale la cartella clinioa nella quale il corpo malato si feticizza, come garanzia, ciò che Foucault chiama « la trama cupa ma solida della nostra espe- rienza » 5 • Al di .fuori di questa trama, della sua perenne mac­ chinazione, resta l'irriducibilità del gesto, del grido, la ripetizione, la parola del paziente per quanto ha di con­ notativo, di sessuale, di non detto, di non udibile. Ri­ volgersi al malato come al latore di un discorso, vuol dire allora porsi in ascolto, privilegiando quegli aspetti, siano essi della lingua o del corpo, sui quali l'istituzione ed il discorso scientifico (che su di essa si sostiene) non hanno ancom posto la loro tutela ed il loro codice. In questa direzione, nel posto del segno deve trovar luogo la leggibilità del significante, inteso qui non solo 34