Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

Ora, ciò che mi pare emergere oggi, sia fuori che dentro queste �<vecchie» griglie (fuori e dentro, e quin­ di con una loro sconfessione ma anche con una loro permanenza: per questo ho usato tanto il passato che il presente), è! un tipo di discorso che non è piu aggiun­ to, o posteriore, o comunque lontano dai film, ma che è ben cosciente di far con essi corpo solidale: con una diversa posizione, appunto. Ne sono una spia molte pubblicazioni recenti: motivate da un ciclo, o da una mostra, o da un lancio pubblicitario (lo spettro dei casi è assai ampio: si va dai volumetti di Pesaro o della Biennale fino ai fascicoli monografici dell'Italnoleggio per Ferrara o per Anghelopulos, o dalle presentazioni nei programmi dei cineclub fino al pressbook dato a Cannes per il film di Scola, che allegava alle solite bio­ filmografie un brano di Cannistraro, uno stralcio di un'intervista di Arnendola e un saggio della Maccioc­ chi, ecc.) queste pubblicazioni non rinunciano alla pro­ pria natura di operazioni teorico-critiche, ma nello stes­ so momento si inseriscono direttamente nella vita del film, gli si accostano risolutamente, entrano nel suo ciclo produttivo. Se si vuole, esse arrivano ad assomi­ gliare un poco a certi «cataloghi» d'arte, la cui fun­ zione è palesemente non quella di spiegare o di com­ mentare, ma quella di valorizzare in termini reali ciò di cui si parla: cioè di aumentare - o almeno legitti­ mare - le quotazioni di mercato. O, ancora, esse si avvicinano a quel territorio da sempre esorcizzato da parte dello « studioso» che è la pubblicità: indipenden­ temente dalla loro resa immediata, naturalmente. Co­ munque quello che mi preme sottolineare (al di là di un giudizio moralistico, del tutto inopportuno: anzi ritengo che tali operazioni siano di per sé corrette, salvo le debite eccezioni) è che la teoria e la critica non costituiscono più un territorio franco da cui si può parlare indenni, discorsi generali sul cinema come do- 121

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