Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

livre XI, éd. du Seuil, '73). La pulsione, nei quattro ter­ mini che la definiscono, è1 essa stessa un concetto limite che non può essere contenuto in una struttura chiusa (ivi, p. 148). Il discorso «critico» (nel senso fin qui considerato), attualizzando l'interiorizzazione della funzione scopica, finisce col porsi come lavoro dialettico e ricognizione della struttura, ma finisce coll'accecarsi sulla natura stessa del proprio sguardo che è innanzi tutto pulsione e, come tal,e, rottura di quella struttura che esso (di­ scorso critico) si dà come compito di ricomporre. In questo senso l'analisi apre un vuoto nel processo (e nello sviluppo) della conoscenza, senza portare in nes­ sun modo ad esiti di tipo irrazionale; si orienta al con­ trario verso l'instaurarsi di una nuova specificità nella relazione all'oggetto dell'analisi stessa (che si mostra non essere l'oggetto della critica). Si può dire che l'og­ getto dell'analisi è un oggetto ben particolare perché si situa fuori dal processo-sviluppo (su cui insistono Cacciari-Rella) in un tempo rovesciato - après coup - e in uno spazio che non lo contiene (che non può essere formalizzato in una logica combinatoria). In questo senso la psicoanalisi, davanti a quel sin­ tomo di morte su cui si acceca sia il fantasma della sua gestione normalizzante, sia il lucido tentativo di esor­ cizzarlo nel gioco critico, la psicoanalisi si interroga sul­ l'effetto scatenante di un rappresentante esterno alla scena, un rappresentante non contenuto nell'orizzonte del reale dato. Si interroga sul fatto che l'oggetto in definitiva manca ed è questo suo mancare alla struttura che determina la sua posizione strutturante. Di fronte all'occhio mortifero di Dio e mortificato della critica, la psicoanalisi ha la responsabilità di un reale, che per lei non venga ortopedizzato-normalizzato. Ermanno Krumm 109

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