Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

la domanda del suo rimedio (normalizzazione), la morte sorgesse dentro come rappresentante scatenante di qual­ cosa che non entra in scena. Dalla Krisis all'operatore critico La mortificazione del corpo non fa che rispondere al desiderio di Dio, e la morte stessa è una questione di fedeltà a lui, una risposta al senso di colpa. Cosi il delirio di Schreber per cui Dio non poteva avere rap­ porto con l'uomo vivente materializza questo intreccio del desiderio di morte con quello di Dio. Ma Dio stesso è morto. Sulla sua morte si è aperto il XX secolo. Anche se non è detto che da quel momento si sia per­ duto il suo posto dove pure si è cancellata la sua fi..1 gura; e non è detto che non funzioni altrimenti attra­ verso una serie di rappresentanti. Tuttavia intorno a questa apertura di secolo si ri­ torna con grande insistenza, come è giusto, per leggervi oggi alcuni antecedenti del pensiero contemporaneo; così Massimo Cacciari in Krisis (Feltrinelli, '76) « Sag­ gio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a iWittgenstein ». Anche questa è un'opera che contorna la morte ma all'opposto di certe suggestioni d'ineffabile, essa si spinge in direzione del « grande realismo » witt­ gensteiniano. Se apprendere la lezione di Nietzsche significa accet­ tare che « non c'è essenza nascosta da significare, non c'è rapporto originario tra segno e Logos, non c'è lin­ guaggio come perfetta rappresentazione del mondo » (ivi, p. 105), allora l'ineffabile è sconfitto su una super­ ficie dove il linguaggio si compone e scompone in un rimando di sensi e dove eventualmente si mostra anche l'ineffabile come un senso fra altri. Allora « la perfetta consapevolezza del limite, che si fonda sulla tragedia 101

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