Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

e di benessere». Scalfari auspica - perché sia servito il popolo nei suoi interessi reali - una gestione sociale del male e un risanamento previa razionalizzazione de­ gli istituti. Così da una parte ci sta un male e dall'altra una domanda di razionalizzazione. Ora questo male che aleggia come un fantasma in­ quietante sulla fase attuale da più parti chiamata di transizione, è un male che, con tutte le determinazioni strutturali del caso, finisce col risultare complessissimo. Ma vi si riconosce una suggestione pressocché costante: quella della morte. Come un atto mancato essa rincorre la fatalità delle cronache d'incidente; come un disagio riempie il tessuto sociale dove la conflittualità passa attraverso la violenza anche individuale; come una con­ testazione essa nutre il rifiuto di cui è fatto oggetto il corpo proprio con l'uso e l'abuso suicidario di stupe­ facenti o comunque in larga misura di sostc,lnze tossiche, e infine come fascinazione essa prolifera nei discorsi di una letteratura o di una «critica» che la fantasmano come limite o soglia d'ineffabile. Di fronte a ciò, di fronte alla breve attualizzazione di questa rincorsa alla morte in faccia la palazzo di giu­ stizia di Torino, si cerca un'interpretazione che faccia capo a un punto di riferimento stabile: i reali interessi del popolo, appunto, di cui sarà garante l'istituzione risanata. Ma proprio questo reale su cui punta la bus­ sola risulta paradossalmente interno e non esterno a quell'orizzonte in cui si produce il male che si vuole estirpare. Nella sfera puramente illusoria di un reale che si presterebbe immobile, nella figura del popolo, dei bi­ sogni, ecc., a fare da oggetto alle mire di una bussola malata, la morte non è l'accidente da superare con una rettificazione ma è al contrario il suo sintomo. E' come se nell'orizzonte chiuso in cui si producono, il ma1e e 100

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