Il piccolo Hans - anno IV - n. 14 - aprile-giugno 1977
Leggere come dire e dire come leggere Poiché l'uomo nasce in un univ�rso sottomesso alla parola, è condannato a dire e a .leggere nello stesso tem po. Crede di dire il mondo con parole�segni, che immagi nariamente riferisce alle cose, mentre non fa che legge re un testo, la realtà già ritagliata e articolata prima di lui dal linguaggio degli altri: se c'è del ,discernibile nel mondo, è peJXhé esso è innanzitutto nella lingua 29• La me diazione testuale ilo riferisce allora agli ailtri •significanti del.la lingua, destinandolo così a dire ininterrot_tamente la questione ,senza dsposta, che costituisoe il soggetto. Il fat to di comunicare permette di evitare tale questione; lasòa credere che basterebbe leggere bene il mondo, gli altri e se stessi, presupponendo che esista un destinatore che sa ciò che vuole dire, perché e a chi. Ma, da Freud in poi, conviene ricordarsi che un libro è scritto nell'Altro di colui che parla, ma che non è leggibile direttamen te, neanche con quella che si crede essere la lungimiran za di uno psicanalista. Dire significa dunque leggere a libro chiuso, accettare che un •sapere •sia detto senza sa perlo 30 , ed essere quindi abbandonato all'intersoggettivi tà, di cui abbiamo indicato il funzionamento nel proces so della lettura. Dire ciò che non può esser letto, è senza dubbio ciò che fa vivere -l'uomo abbandonato alla p aro.la, simile in questo a Sheherazade, che per ritardare la morte giorno per giorno, passò mille e una notte a gioca re con le parole. Miche! Cusin (tradotto dal francese da Sabina Engel) 1 R. JAKOBSON, Essais de linguistique générale, Paris 1963, pag. 214. Trad. it., Saggi di linguistica generale, Milano, Feltri" nelli, 1974 ', pag. 185. 2 Idem, pag. 218. Tr. it. cit., pag. 189. ' J. LACAN: « quel che mi costituisce come soggetto è la mia domanda ». • R. BARTHES, Lezione inaugurale della cattedra di semiologia letteraria al « Collège de France», 7-1-1977 (trad. nostra). 23
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