Il piccolo Hans - anno IV - n. 14 - aprile-giugno 1977

essere è essere nel tempo, collocarsi, definitivamente, nel­ la _ propria finitudine ancorata. L'ancora èJ poi l'albero della genealogia, una struttura temporale, diramata, cro­ nologica. Il pensiero dell'uomo moderno si pensa sem­ pre producendo un limite, fissando percorsi di tempo (e di senso; m;lla misura del passato e del futuro. La memo­ ria è dunque il Patrimonio, che incorpora del padre il nome in un'eredità di tempo, e di lavoro; questa la dati­ tà -da cui partire. In questo senso, lo sguardo dell'uo­ mo moderno è uno sguardo retrospettivo, e prospet­ tivo. Per il « contemporaneo» non c'è sguardo che su « lo stato di emergenza» in cui vive, su quel tempo-ora in cui consuma ogni continuum. La smemorizzazione che il suo sguardo opera, come una lobotomia, o una disaffez­ zione volontaria, a1fi:finché nessun sentimento lo trntten­ ga dalla sua azione, è il costo feroce che il « contempora­ neo» paga: solo riassumendo « in una grandiosa abbre­ viazione la storia intera dell'umanità», solo in verità pol­ verizzandola può farla saltare, quella Storia che per lui non ha preparato nessun luogo. Con quella storia non può esserci, da parte sua, immedesimazione possibile; di questo presente che conosce, egli sa l'immancabile origine di prevaricazione e di dominio, di oppressione, e di selezione « a cui non può, pensare senza orrore». La Storia gli è presente, e vale, per quel prodotto finale che di essa egli conosce: se stesso. E in sé-rifiuto, in sé-bar­ barie, specchia l'orrore della preda che non vuol celebra­ re nessun trionfo. E scrive sui muri « Non ho presente, non ho futuro, la Storia mi uccide». Non la Storia che Io prepara, ma La Storia che lo uccide: in questo senti­ mento il « contemporaneo» libera una differenza: il pre. sente non si coglie più in un rapporto di filiazione dal passato, che l'ha preparato, e di cui il presente si dà come maturazione, e realizzazione: il presente è una para­ lisi. 155

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