Il piccolo Hans - anno IV - n. 14 - aprile-giugno 1977
si presenta come un frammento che coincide, ora e qui, con la sua esistenza inattesa, e senza attese. Il tempo è la ferita che lui ha aperto: il trauma della sua nascita. La memoria è un lavoro (a produrla) la cui fatica consi ste nell'accumulazione successiva di traumi: formarsi una memoria è lavorare a una racco'lta di ·«tagli» che incidono nel corpo il passaggio del tempo, le sue tracce. L'esigente scrupolosità che questo compito sottende, ha un suo prezzo, e una sua ricompensa, nel ·mantenere presente il passato, e investirlo come patrimonio storico della {nella) convivenza sociale. Quando il lavoro della memoria si interrompe il patrimonio non più investito rimane «lavoro morto», inutilizzabile. I macchinari ri mangono fermi. Niente più si produce di socialmente «utile», di «ragionevolmente» necessario. L'essere fuo ri dal processo della memorizzazione, e dal processo pro duttivo che su di ,esso si innesta, conduce a una nuova, e originale, forma di luddismo. I macchinari produttivi rimasti fermi consumano a vuoto, improduttivamente, la loro energia, in uno spreco intollerabile. L'apparato sociale fronteggia una forza-'1avoro potenziale (i giovani, gli studenti, le donne) che non investe più là propria vita in quel circuito; il patto sociale rischia la propria esistenza se non tiene dentro, e addomestica, la spinta distruttiva che lo investe. Ma intanto, è proprio quel patto che non è più capace di «tenere «: ed è precisamen te qui la ragione del disoccupato. Quel ciclo apparente mente così naturale, così inevitabile, è ora costretto a rivelare la sua fragilità, e precarietà. Quel patto aveva fatto promesse che ora non è in grado di mantenere: che ci fosse ad esempio un passaggio indolore, e lisico, dalla fabbrica-università alla fabbrica-società. Che nella città (produttiva) tutti si potesse egual (itaria) mente abitare. Sua è dunque ila colpa di questo tempo di vita che non si riesce più ad investire; sua la colpa se la promessa non tiene, e c'è chi la rompe. Messi ai margini del processo produttivo, gli «uomini vuoti» perdono me moria. Perché la memoria è tempo inserito, incorporato al (nel) sociale, e si dà iri una promessa di futuro, in 152
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