Il piccolo Hans - anno IV - n. 13 - gennaio-marzo 1977

esempio che ci permetterà di far comprendere di che cosa si tratta èJ quello banale della diva del cinema: essa non rappresenta che un fattore di produzione. Quando i giornali si mettono a definire in denaro contante le qualità visualizzate di una Sharon Tate all'indomani della sua tragica fine, oppure le uscite o le spese di mantenimento di ogni altra donna esibita, è l'industria­ lismo stesso che esprime in cifre, quindi quantitativa­ mente, la fonte di emozione come redditività o costo di mantenimento, e ciò è possibile solo perché queste donne non sono designate come·« moneta vivente», ma trattate da schiave industriali. Per questo motivo, inoltre, non sono più considerate come attrici o grandi avventuriere o semplicemente personalità di prestigio. Se si consi­ derasse ciò che chiamiamo qui schiava industriale, non solo come capitale, ma come moneta vivente (astrazion fatta di tutti gli inconvenienti che questo genere di in­ staurazione comporterebbe), essa assumerebbe la qualità di segno di valore e allo stesso tempo costituirebbe inte­ gralmente il valore, ossia la qualità del bene corrispon­ dente alla soddisfazione «immediata», non più di un bisogno ma della perversione iniziale. « Moneta vivente», la schiava industriale vale per un segno garante di ricchezza e allo stesso tempo per questa stessa ricchezza. In quanto segno vale per ogni _. sorta di altre ricchezze materiali, in quanto ricchezza esclud _ e tuttavia ogni altra domanda, tranne quella di cui rappresenta la soddisfazione. Ma la soddisfazione pro­ priamente detta viene ugualmente esclusa dalla sua qua­ lità di segno. Ecco in che cosa differisce essenzialmente la moneta vivente dallo stato.di schiava industriale (diva, fotomodella, hostess, ecc.). Quest'ultima non potrebbe rivendicare il titolo di segno finché fa essa stessa una differenza fra ciò che accetta di ricevere, in moneta inerte, e ciò che vale ai propri · occhi. 93

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