Il piccolo Hans - anno IV - n. 13 - gennaio-marzo 1977

equivalente a tante e tante risorse atte all'eventuale mantenimento dell'oggetto di sensazione. Che rapporto vi è fra il valore di un attrezzo, di un terreno stimati in base al loro probabile rendimento, e il prezzo attri­ buito all'esistenza di un essere vivente, fonte �i un'emo­ zione rara? Nessuno, se non che la fortuità data (quindi la rarità) dell'oggetto vivente, fonte di emozione, vale più di quanto · non costi il mantenerlo. Un attrezzo rende un tanto; l'oggetto vivente procura una determinata emo­ zione. Il valore dell'attrèzzo deve compensare il suo costo di mantenimento; il valore dell'oggetto vivente, fonte d'emozione, è fissato arbitrariamente, senza che se ne possa mai dedurne il suo costo di sostentamento. E non ci venga qui obiettato che ciò significa abbas­ sare l'oggetto vivente, fonte di emozione, a livello di alle­ vamento, di stazione di monta; oppure equipararlo a un'opera d'arte, o semplicemente a un diamante. Visto che si tratta di un'emozione _ che basta a se stessa, inse­ parabile dall'esistenza fortuita ·e inutile dell'oggetto qui «monetabile», e proprio per questo arbitrariamente apprezzata. , Perché l'oggetto vivente, fonte di emozione rara, pos­ sa i;nai prevalere come moneta, sarebbe giocoforza am­ mettere che uno stato psichico sia allora universalmente raggiunto; che questo stato si esprima in forma di pra­ tiche e usanze indiscusse. Ciò significa forse che è ne­ cessaria una quantità di oggetti viventi pari alla mo­ neta inerte in circolazione? Certamente no, se simile usanza significasse la •scomparsa stessa della pratica mo­ netaria. Ma la moneta vivente, anche come mercato pa­ rallelo alla moneta inerte, sarebbe al contrario suscetti­ bile di sostituirsi alla funzione del campione oro, radi­ cato nelle consuetudini e i?tituito nelle norme econo­ miche. Salvo che questa usanza modificherebbe profon­ damente gli scambi e il loro significato. Non è lo scam­ bio di oggetti inerti rari, l'opera d'arte per esempio, che 91