Il piccolo Hans - anno IV - n. 13 - gennaio-marzo 1977

mi storici e nel Julius Caesar, l'arte attraverso cui si fa la Storia. Chi ha il vantaggio della parola è colui che vince, almeno provvisoriamente, perché poi la Storia lo stritolerà a sua volta. Non è un caso che, nel suo teatro, i personaggi minori o soccombenti siano quelli - che me­ no sanno fare uso del linguaggio e delle figure retoriche in senso dinamico: ad essi sta in bocca un linguaggio stereotipo, una retorica statica, tutta catacresizzata 4. Certo è una concezione della storia ancora in gran parte aristocratica che non consente il coinvolgimento diretto del livello strutturale dell'economia e dei rap­ porti di produzione. Ogni evento sembra muoversi e determinarsi sul piano sovrastrutturale del nome, del­ l'onore, del potere, della superbia, dell'inganno. Soprat­ tutto, come s'è detto, domina chi conosce i doppi fondi del Significante, quindi le turbolenze delle passioni che generano, e nutrono, la figuralità del linguaggio. Perché non c'è mai retorica se non, in qualche modo, del pro­ fondo. Come non c'è mai retorica senza ideologia. Richard III è il primo grande dispiegamento delle enormi risorse virtuosistiche della retorica ideologica, quella di Gloucester poi Riccardo, vero genio del male e nello stesso tempo ilare · trascinatore di passioni. Le sue risorse ruotano intorno ad una divaricazione fonda" mentale del ·Significante (figure: antanaclasi e sillepsi) con cui egli riesce a intrappolare o a eliminare tutti i suoi rivali nella scalata al potere, e in cui infine si per-- · derà. Già qui emerge, duI11que, con tutta chiarezza, una delle leggi fondamentali della Storia in Shakespeare. Leg­ ge che si articola in tre momenti: 1) acquisto del Potere tramite la Parola 2) mantenimento del potere tramite l'Azione di contenimento {crimini) 3) perdita del Potere, per esautorazione da parte della Parola di un altro, o per contraddizione interna 113

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