Il piccolo Hans - III - n.12 - settembre-dicembre 1976

con un piccolo resto neutro nelle posture del corpo che riceve la lettura come un lavoro. Un lavoro della parola su quell'immaginario dell'autore (di lettura-scrittura) che qui è puramente rimandato alla sfilata delle copie dove si duplicano i suoi livelli di codificazione, e dietro ad esso nessun centro motore, nessuna paternità ultima ma ancora il « movimento dilatorio del significante». Barthes chiama « zoologico» l'immaginario di chi di quel­ la lettura-scrittura deve godere: sganciato dai suoi punti di fissazione mortiferi, quest'immaginario è in un neu­ tro colloquiale dove i significanti non cessano di passare e di far senso. Un neutro non violentemente trasgresso­ re come la figura dello zero in S/Z; un ascolto fluttuan­ te, un passaggio antieroico come l'apparizione lenta, nel lavoro, di tante posture del corpo. Tessuto di una tenue fisicità codificata, questo corpo dell'ambiguità ritaglia la sua portata immaginaria e simbolica per il soggetto sul­ l'impossibilità di fissare dei margini sicuri al di là dei quali qualcosa sarebbe al riparo della rifrazione immag­ naria (come se non ci fosse un immaginario della lucidi­ tà e della divisione). Una mobilità piuttosto che una ri­ partizione di piani, un'ubiquità piuttosto che una struttu - _ ra, dove salta il blocco parlare tacere, leggere scrivere: un luogo neutro dove si traccia una nuova geografia di letture e di scritture un po' zoologiche, lontane dai luo­ ghi del sapere istituito, mosse da un sapere in atto, un sapere citazionale e fluttuante come un ascolto, una piaz­ za _ dove Bairthes sonnolente gusta « un the ,a Tangeri»... Ermanno Krumm P.S. Che dalla lettura di Sarrasine a quella di Freud della Gradiva ci sia un passaggio e anche solo un rappor­ to (rovesciato), colpisce. Non solo il récit della novella 29 ,

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