Il piccolo Hans - III - n.12 - settembre-dicembre 1976
o per pretendere di goderne fissandosi in prima perso na, in persona del significante ultimo da cui si autorizze rebbe. Bisognerebbe interrogare Lacan quando parla del godimento di Dio, di quel Dio di cui Empedocle ci dice che non conosce l'odio, e che se non conosce l'odio non conosce l'amore. Perché con il godimento del sapere sia mo nel terreno che con il transfert apre sull'amore, sull'a� more di chi supponiamo che sappia. Così il sapere è _ quella porta che apre sull'amore e che chiude su una questione che in fondo è di lettura. Perché è evidente che la posizione di lettura di un Sarrasine o di una Fedra è una posizione che dà su una escatologia totale dei significati, su un preteso godimento finale del senso che li precipita, senza mezzi termini, da quell'essere che essi interrogano al nulla. Precipitazione di cui non deve sfuggire la porzione mortale di aggressività narcisistica che si nasconde dietro la loro impasse soggettiva. Se ciò che diviene opaco nella lettura di S/Z è il lettore stesso, anche la questione del suo sapere si pone diversamente. Infatti la lettura di Sarnasine lo aliena e lo femminilizza senza che S/Z lo riporti a una ,lucidità critica attraverso una risistematizzazione del sapere. Al contrario è l'alienazione e la femÌninilizzazione del pri mo lettore che inizia il secondo, quello sistematico della lettura barthesiana, alla sua divisione sotto la spinta dei livelli di discorso che lo decompongono come un corpo frammentato, ricevendo l'effetto decisivo della lettera sar rasiana e tuttavia non più come mancamento di fronte al vuoto ma come reinscrizione nel movimento dei sigrùfi canti che lo disseminano. Non si tratta per questo lettore di arrivare a un sape re ma di evocare una circolarità dove nessuno è in van taggio su nessuno, dove diviene derisorio e si annulla il potere e ,l'iintimidazione di un ,linguaggio su un altro. La 26
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