Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976
introdurre in me e questo escluderlo da me. Cioè: sia esso in me o fuori di me.» 1 • E' questa la distinzione operata dall'originario io-piacere. Prima di questa, come Freud aggiunge: «ciò che è male, ciò che è estraneo all'io, ciò che si trova al di fuori, è in un primo tempo identico ad esso» 2 • Questa fase iniziale di identità tra fuori e dentro, che precede la costituzione dell'io-piacere, trova del resto conferma nelle altre due versioni freu diane della costruzione genetica in questione: «Un in fante al seno non distingue ancora il suo io dal mondo esterno come fonte delle sensazioni che lo investono» 3 , scrive Freud nel 1930. Pure, già a questo stadio un apprendistato si fa, come appare nello stesso testo, grazie alla scoperta del fatto che alcune fonti di eccitazione possono fornire all'io «sensazioni ad ogni istante, men tre altre fonti lo lasciano di tanto in tanto». E tale primissima fase, dove una distinzione tra mondo esterno e interno viene fatta sulla base dell'efficacia dell'azione muscolare, è menzionata anche in Pulsioni e loro destino del 1915. Qui Freud però non parla di «infante»: «La sostanza percettiva dell'organismo vivente avrà così tro vato nell'efficacia della sua attività muscolare una base per distinguere tra un ' fuori ' e un ' dentro '» 4 • Dun que, al di qua del soggetto, si rende operativa una prima distinzione che certo non sarà ricalcata da quella suc cessiva che sanziona il sorgere del soggetto come io-pia cere, se è vero, come abbiamo visto, che quanto questo escluderà da sé, è, prima della sua venuta, «identico ad esso». Ed è forse da tale non-coincidenza che bisogna par tire per intendere che cosa sia la distinzione fuori/ dentro operata dall'io-piacere. Lo sappiamo dai Tre saggi sulla teoria della sessua lità: le fasi genetiche freudiane non hanno porte stagne, ma si succedono per somma (magari algebrica) e non per esclusione. Come la fase anale o genitale non sloggia 8
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