Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

E Bonavena precisò che la sua opera aspirava « a quanto c'è di più umile e di più alto: un posto nel­ l'universo. » All'uscita dalla casa di Bonavena, Domecq si trovò cieco (« gli occhi non mi vedevano più») e annotò: « The rest is silence ». Il lettore avveduto avrà, di questa presentazione, ri­ tenuto l'essenziale: il settore limitato descritto in Nord­ nordovest è per Bonavena nient'altro che la realtà, poi­ ché gli oggetti fan parte di questa solo se posti appunto nell'angolo del tavolo. L'oggetto, per entrare così nella r.�altà, reclama un trattamento, che non è solo la descri­ zione, ma la successiva fotografia, la distruzione dei ne­ gativi fotografici, e infine la sua stessa distruzione. A porre gli oggetti nel campo dove il trattamento descritto darà loro statuto di realtà (un posto nell'universo) non è Bonavena, ma un altro, idiota e opaco, deus ex machina. Un altro il cui nome suggerisce ad ogni lettore italiano quello di un dizionario: « lo Zanichelli » (non sappiamo se Domecq avesse la stessa passione di Borges per i dizionari). Il gesto di Zanichelli si compie mentre Bona­ vena ha gli occhi chiusi; e del pari Domecq, lasciando la casa di Bonavena, non vede più (e commenta: The rest is silence). E da Domecq, o - meglio - da Bonavena a Freud che della costituzione della realtà ci lascia una costru­ zione genetica in tre versioni: la più nota nella Nega­ zione. Freud vi afferma la priorità logica e cronologica del giudizio di qualità sul giudizio di esistenza. Il primo, « espresso nel linguaggio dei più antichi moti pulsionali orali», suona: « questo lo voglio mangiare o lo voglio sputare e in una traduzione successiva: questo lo voglio 7

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