Il piccolo Hans - anno III - n.10 - aprile-giugno 1976

d'una condizione di crisi faceva parte di quella mesco­ lanza di magia, profezia, terapia, propria della pratica ascetica, dimensioni tutte trascritte in una sorta di tra­ scendenza. La sua profanizzazione la ritroviamo nella riduzione del testo ad analista («le texte devient l'ana­ lyste, et tout lecteur analysant», iscrive Kristeva) 1 ; an­ che se in un altro contesto non è fuori luogo ricordare questa funzione assolta, e vederne la ragione in una sorta di rinvio ad un sistema comunque trascendente (si chiami «rivelazione», si chiami «sistema dei significati», o «simbolizzazione dell'assenza»), di cui la ,solennità del­ l'incipit è garante e in certo modo elemento rassicurante. Ma in un senso più interno alla storia della produ· zione testuale e al piano dei significanti ,l'incipit rinvia alla tradizione. Il riferimento, frequente, al «genere», è anch'esso una captatio del lettore e nel contempo una inserzione nel campo di discorso che il genere istituisce, oltre a rappresentare una sorta di appannamento dél nome -dell'autore, e insieme una esibizione della sua identità istituzionale, del suo parlare nel quadro di al­ cune garanzie, entro le coordinate di un sistema che ha nome, . funzioni e storia, che è insomma diacronico­ sincronico. Spesso l'intestazione, il frontespizio, la denominazione del contenuto, il proemio e perfino la dedica conflui­ scono nella struttura dell'incipit. E ne rappresentano, poi, a partire dalla diffusione della stampa, la conti­ nuazione e la 1sostituzione. Per il Decameron già nel- 1' incipit c'era la connotazione, di costume nel contempo popolare e letterario, data da quel «cognominato Pren­ cipe Galeotto» che seguiva il titolo («Comincia il libro chiamato Decameron, cognominato Prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in diece dì dette da sette donne e da tre .giovani uomini»), e nel ritorno dell'incipit ad ogni giornata c'era l'indicazione della 8

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