Il piccolo Hans - anno III - n.10 - aprile-giugno 1976

dichiara, nel suo apparire non mistificato, l'illusorietà dell'arte, il suo essere mito che è estraneo al mondo del mercato e che muore nel mondo del capitale trasfor­ mandosi in merce e in lavoro. E l'incipit diverrà il nome della merce, la sua' esposizione ', prima che al consumo, alle altre merci. Nell'immenso amrnasiso di merci an­ ch'esso sopporterà l'arcano dell'eguaglianza del diseguale, della differenza intessuta di equivalenza. La memoria dell'incipit sarà « cosa del passato» nella variopinta e stregata « prosa del mondo». La subscriptio La distanza tra le notti di intellettuale furore e di consolazione dell'oscuro copista e i giorni ravvivati da minuziose e prestigiose scoperte dell'esperto filologo non c'è · · narrazione che la possa colmare. Davanti al co­ dice, l'att!'ezzatura lachmanniana e post, fa ronzare la ridda delle ipotesi sostenute da criteri interni ed esterni e proiettata verso la ragnatela o stemma dove la genea­ logia coinvolge e assume nei propri stalli il filologo, che ,si tiene stretto e fiero alla sola verità che gli appartiene, ed alla quale ab aeterno pare destinato, la verità del testo. Da questo rifugio la materialità del testo si appanna di significati metatestuali, la lettera si confonde con lo spirito, e nell'illusione che il senso « autentico» del testo sia liberato, avendo stabilito le giuste lezioni, il filologo s'attiene alla descrizione, dalla rocensio alla restauratio o restitutio, e dopo di lui potrà cominciare il trionfale cammino esegetico. In questa operazione, dove la scrittura è collocata figurativamente, temporalmente e spazialmente, e il go­ tico o umanistico, il capitale o corsivo occhieggiano con eleganza, si consuma .l'illusione di dividersi, onestamente, il campo tra filologi ed esegeti, gli uni sacerdoti della 14

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