Il piccolo Hans - anno III - n. 9 - gennaio-marzo 1976

parola cultura negli anni attorno al '68 s'era dissociata dalle endiadi ritualizzate. Di queste endiadi, la più so­ lenne, non priva di tensioni militanti, era quella .di cultura e politica, che copriva l'intero orizzonte della storia nazionale, dalla desanctisiana la scienza e la vita (connotata darwinisticamente) alla cattolica e neoscola­ stica vita e pensiero attraverso il passaggio gentiliano di filosofia e vita. La vernice di un umanesimo buono per tutte le stagioni copriva questa sapiente ars combi­ natoria dell'intellettuale. L'orizzonte teorico che presie­ deva al '68, con buona pace degli attuali critici della spontaneità, che sono legione, smascherò le tante occul­ tate combinazioni che alimentavano l'endiadi cultura e politica, ne dissociò gli elementi, e, parallelamente alla critica della politica, liberò quel che dalla « cultura » era soffocato, o sacralizzato, o dissolto nel « generica­ mente umano»: teoria, analisi, critica furono l'avvio - solo lessicale? - di un ribaltamento dello storicismo umanistico compendiato nella parola cultura. Ora Asor Rosa riporta la monumentalità della parola cultura. Ciò che era scomposto si ricompone. Il suo volume einau­ diano è infatti la restaurazione di una storia nazionale rispettosa della « naturalità » di ogni divenire che, ap­ punto come la natura, « non facit saltus ». Così s'è avuta, da sinistra, la tarda risposta alla Storia d'Italia di Bene­ detto Croce. Il tavolo da gioco è sempre quello della « cultura nazionale». La storia prospettica - una specie di haussmanniano embe1lissement stratégique - si ripropone, relegando fuori dai grandi viali della logica democratico-progres­ siva e nazional-popolare il pensiero negativo e dialettico, i movimenti antistituzionali, tutte le forme di rottura e sperimentazione, senza neppure assumerne, come usava la storiografia idealistica, in ordini superiori le tensioni e le indicazioni. Oltre alla storia prospettica si diffonde l'autostori- 78

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