Il piccolo Hans - anno III - n. 9 - gennaio-marzo 1976

in fila i bambini davanti alle baracche di lamiera e li fanno partire verso Roma, dove distribuiranno ai santoni delle basiliche letterine ricordo di un terremoto e della provvidenza di 11-n sacco di miliardi, decretata mentre la terra ballava e poi mangiata, non si sa da chi, a terra ferma. Sì, le care belle virtù contadine fanno tanta no­ stalgia nella contemplante moralità della letteratura che non ha mani per toccare, arti (come pretendeva Sartre negli anni cinquanta) per afferrare e per colpire, ma solo occhi per contemplare la letteratura che poi parla, in altri giri celesti, di molte sue virtù verbali: l'onestà, la solidarietà, la santità del lavoro, la bellezza della donna, la libertà dalla censura, dal regime, dalla voglia di fare qualcosa, di disperdere il coro e mandare all'aria la letteratura, appunto. Viene il sospetto velenoso che sia stata proprio questa miseria - tragica, provocatoria, in fondo - a stipulare con i nostri intellettuali scrittori un contratto di parassitismo: ha dato spazio ai discorsi tra loro, a un · futile scambio di esorcismi e di messaggi intelligenti, che fa appunto letteratura da secoli, e che emerge come un'alluvione grafomane proprio in tempi di calamità, sulle campagne miserabili della guerra dei trent'anni e del neofeudalesimo barocco, . e adesso sulla crisi, che è già fame inerzia emarginazione, del sistema occidentale. Di un ritorno - massiccio e allucinante - delle «anime belle » si è cominciato ad avere sentore sullo scorcio dell'anno passato quando le pagine «culturali» (per ciò che questo significa) dell'«Europeo » hanno preso a trasudare inchieste petulanti e querimonie acci­ diose sulle libertà (culturali) perdute, sulle libertà (cul­ turali) tradite, sulla cultura concepita quale delicato fiore di serra, destinato ad intristire non appena si espone al fiato pestilenziale della politica. E' anche (certo non esclusivamente) per colpa di 74

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