Il piccolo Hans - anno III - n. 9 - gennaio-marzo 1976

manovrava un suo « modello fittizio», come quella mac­ china, quel srstema idraulico. Se tenti l'idea dell'origine non puoi commettere, in questa occasione, sproposito più grande. È per la rassicurante provvisorietà di quel- 1'espediente - e si può diire per espediente - che ci siamo allontanati « dalla tradizione esegetica consueta» e che ci troviamo - nel riconoscere un « metodo» nella prima follia umana, scatenata dal formato contraddit­ torio della pratica semiosica e dalla creatività del lin­ guaggio - « a metà tra il mito di Saturno e il mito di Sigmund». Il modello fittizio « non vuole risolvere il problema delle origini del linguaggio»: non è neppure il caso di ammetterlo, mentre è meno ovvio che in questo Eden-laboratorio non ci sia neppure un segno della presenza del problema. Questa volta la traccia della cattura non ha modo di durare: la padronanza si esi­ bisce a chiare lettere; per le quali già all'inizio si ap­ prende come tutto - tutto ciò che avverrà - attenda d'aver origine e d'�rnscriverni in una o in un'altra delle risposte che il semiologo ha intenzione di dare. Il gesto decisivo nella ,manovra dell'Eden è !'inter­ detto di Dio: qui si consuma come un giudizio fattuale (la mela non è mangiabile, la mela è male), che è anche un giudizio semiotico, poiché l'appaiamento di unità se­ mantiche che stabilisce è una trasgressione dell'ordine primitivo. A meno che l'origine del linguaggio non si debba porre dopo la « formulazione dell'interdetto». Ma, come sappiamo, il modello non è concepito e mano­ vrato per dare risposte sul problema delle origini. Nella circostanza consente solo di dire che « Dio vuole creare cultura e la cultura nasce, pare, con l'instaurazione di un tabù universale»; ma dichiara il comportamento di Dio in modo ambiguo e sfuggente: non è fatto per -ri­ spondere alla domanda se sia la Legge a dare origine alla significazione, non contiene informazione per dire se « è nel nome del padre che dobbiamo riconoscere il 46

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